I DOMENICA di QUARESIMA . 1 marzo

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Romani 5,12-19

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

 

Un brano forse un po’ difficile per la grande densità teologica, ma di capitale importanza per comprendere la centralità di Cristo nella storia della salvezza. Attraverso il parallelo fra Adamo e Cristo – i due ‘capostipiti’ della storia umana – abbiamo una nuova spiegazione del mistero della croce. Il primo padre dell’umanità, il vecchio Adamo, con un solo peccato ha trascinato tutti nel peccato e nella morte (v. 12). Cristo, il nuovo Adamo, con un solo atto di giustizia, ossia con la sua morte in croce per amore, apre a tutti la via della giustizia, dell’amore e della vita sovrabbondante. Questa visione ci fa intuire che gli eventi della storia non sono casuali o indipendenti gli uni dagli altri, bensì profondamente legati, sia nel bene che nel male: tutto ciò che compiamo ha un effetto anche al di fuori di noi, coinvolge tutti gli altri. È il tema del ‘peccato sociale’. La trasgressione del primo uomo introduce in tutta l’umanità una difformità rispetto all’immagine di Cristo: ogni uomo porterà inciso nel suo cuore, come una tara ereditaria, la colpa delle origini. Creato per vivere in comunione con Dio nella santità perfetta, avvertirà sempre la tentazione a compiere il male. La legge è come una prima terapia offerta da Dio all’uomo ormai ferito; in essa viene indicato ciò che è da compiere e ciò che è da evitare per vivere secondo la volontà di Dio (vv. 13-14.20a). Tuttavia, la legge da sola è insufficiente a restaurare la comunione con Dio: l’uomo da se stesso non può risollevarsi dalla caduta. Per questo Paolo, commisurando tra loro la portata dell’azione di Adamo e l’efficacia dell’opera di Cristo, mostra l’assoluta sovrabbondanza del dono di Dio. Il parallelo tra Adamo e Cristo porta ad un sovrappiù di grazia, frutto dell’obbedienza del Figlio diletto: è con il compimento della volontà del Padre fino alla morte di croce che Gesù ha ottenuto per noi il ritorno a Dio, l’accesso alla vita eterna (v. 21).

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