II DOMENICA di QUARESIMA . 17 marzo

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Fil 3,17- 4,1

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

 

Ai cristiani di Flippi, Paolo ripete l’invito a diffidare di quanti cercano di introdurre le pratiche giudaizzanti: essi infatti ripongono vanto e fiducia nell’osservanza di usanze che sono “carne”, cioè puramente umane (3,1-4). A questo scopo l’Apostolo porta l’esempio della propria storia e spiega le scelte da lui compiute (vv. 5-14).

Molti sono infatti coloro che vorrebbero sviarli dalla fede in Cristo crocifisso per sostituirla con la circoncisione e con pratiche puramente esteriori, legate in particolare all’uso di certi alimenti: cose, queste, che in definitiva pongono il ventre al centro dell’attenzione, e dovrebbero perciò essere motivo di vergogna anziché di gloria! Smascherando le angustie di una religiosità così terrena (v.19), Paolo esorta a levare in alto lo sguardo della fede, le attese del cuore: non è la terra la nostra patria, ma i cieli, dove dimora Dio, nostro padre; di là attendiamo la venuta gloriosa del Salvatore.

All’inizio della sua lettera san Paolo aveva illustrato la vita cristiana usando l’immagine agonistica della corsa (2,16; 3,12-14). Ora, tale corsa si va configurando come attesa e fervente desiderio di raggiungere la meta. Richiamando l’inno cristologico del c. 2, l’Apostolo apre un nuovo sguardo contemplativo sulle realtà ultime: Gesù Cristo è il Signore a cui tutto è sottomesso. Questo è l’orizzonte della vita cristiana: vale dunque la pena di rimanere saldi nel Signore. La fedeltà della comunità diventa per Paolo la corona, il segno dell’aver terminato vittoriosamente la corsa.

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