III DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 27 gennaio

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. 1Corinzi 12,12 - 30

Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?

 

Il passo di Paolo descrive la comunità cristiana come il ‘corpo’ di Cristo. La densità ecclesiologica è sorprendente. Ecco alcuni tratti caratteristici. Il corpo è «uno», eppure vi è in esso una ricca pluralità e diversità di membra. Il fondamento del corpo rimane solo il Cristo: «Così anche il Cristo» (v. 12). In questo modo l’Apostolo ci porta di colpo alla radice: la comunità non è semplicemente come un corpo, è il corpo di Cristo. Prima di sviluppare il paragone, Paolo indica anche la ragione che ci fa corpo di Cristo: il battesimo e il dono dello Spirito (v. 13). Dunque, al primo posto c’è la comunione con il Signore: questa è la radice che dà ragione sia della diversità sia della varietà. In terzo luogo, Paolo ci dice che le differenze sociologiche (essere schiavo o libero) e anche quelle religiose (essere Ebrei o pagani) perdono di importanza e sono abolite. Poi afferma che altre differenze emergono su basi diverse: le nuove differenze presenti nella comunità sono funzioni e servizi, non dignità e divisione. L’originalità di ciascun credente così non è a vantaggio proprio, ma dell’intera comunità. Le differenze sono necessarie. Il corpo non sarebbe più tale se non risultasse di membra differenti. Così è della comunità. Nella chiesa ciascuno esercita una funzione insostituibile, come ogni cellula nell’organismo umano. La vera minaccia contro l’unità della chiesa, allora, non viene dalla varietà dei doni dello Spirito, ma semmai dal tentativo di uno dei doni di erigersi al di sopra degli altri, o dal suo rifiuto di servire, o dalla sua pretesa di fare a meno degli altri: «Non può l’occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; oppure la testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”» (v. 21).

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