III DOMENICA di PASQUA . 15 aprile

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA: 1Giovanni 2,1-5

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo. Seconda condizione: osservare i comandamenti, soprattutto quello della carità. Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco» e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui.

 

Dopo aver espresso con il simbolismo della luce e delle tenebre il contrasto tra la giustizia di Dio e di Cristo (1,5.9; 2,1) e il peccato dell’uomo, Giovanni invita i credenti a considerare bene quale orientamento dare alla propria esistenza. L’apostolo, che ha visto con i suoi occhi e toccato con le sue mani il Verbo della vita, scrive a noi (2,1) con autorevolezza. Le sue parole sono esortazione a evitare il peccato e a riconoscere la giustizia divina, che è innanzitutto amore e misericordia. e è vero, infatti, che nessuno è senza colpa –verità già enunciata nell’Antico Testamento (Pr 20,9; 28,13; Qo 7,20) è altrettanto vero –è la buona notizia del Nuovo Testamento –che Dio, fedele e giusto, offre il perdono e la purificazione per mezzo del sangue del suo Figlio (1,7.3). L’uomo, ferito dal peccato, viene ‘giustificato’ mediante il sacrificio di Gesù Cristo, che per sempre rimane come nostro intercessore presso il Padre. In lui è riaperta la via del ritorno a Dio e della piena comunione con Dio. Non ci si può però illudere di amare Dio – conoscere nel linguaggio biblico equivale appunto ad amare – se non si osservano i suoi comandamenti e non si fa la sua volontà nelle concrete situazioni della vita. Obbedienza e umiltà sono dunque due tratti che devono caratterizzare il cristiano. Essi lo rendono capace di accogliere l’«amore perfetto» (ovvero lo stesso Spirito Santo) che lo rende conforme a Cristo, nella totale oblatività e gratuità (vv. 3-5).

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