III DOMENICA di PASQUA . 5 maggio 2019

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Apocalisse 5,11-14

Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.

 

Una scena maestosa e terribile è offerta alla contemplazione: Dio onnipotente è assiso sul trono, nella sua mano il libro sigillato dei suoi imperscrutabili disegni, ma nessuno è in grado di aprirlo. Attimi di silenzio carichi di attesa e di timore. La situazione appare disperata. Ma ecco, all’improvviso, apparire vittorioso un Agnello come immolato (5,1-7: in aramaico talja designa sia il ‘servo’ che ‘l’agnello’). In questo simbolo Giovanni esprime dunque la realtà di Cristo, vero Agnello pasquale e Servo sofferente di YHWH che si è caricato le nostre iniquità, prendendo su di sé il castigo che ci dà salvezza (Is 53, specificatamente v. 7). Il Cristo-Agnello immolato sta ritto in mezzo al trono (v. 6). Alla sua presenza si intona il canto della solenne liturgia cosmica: una schiera innumerevole di angeli ne riecheggia trionfalmente il ‘motivo’ (vv. 11-12), ripreso dal coro di tutte le creature (v. 13), che inneggiano nei secoli dei secoli a Dio onnipotente e a Cristo, nostra pasqua. Cielo e terra si trovano così uniti, in un movimento circolare: l’inno inizia in cielo, si effonde, scende sulla terra, vi dilaga e quindi risale in cielo per concludersi nell’«Amen», accordo finale dei quattro esseri viventi, simbolo di ogni realtà creata. Viene così solennemente confermata la piena adesione alla volontà di Dio. E il silenzio adorante dei vegliardi, primizia celeste di tutto il popolo di Dio, prolunga la vibrazione del canto nuovo nell’intensità della contemplazione.

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