III DOMENICA di QUARESIMA . 24 marzo

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. 1Corinzi 10,1-6.10-12

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

 

La comunità di Corinto è vivace e irrequieta; di recente conversione, sperimenta la pericolosa insidia di un contesto pagano dai costumi proverbialmente rilassati. Prendendo posizione sulle diverse questioni che la travagliano, Paolo propone in questo brano una riflessione sui fatti dell’esodo. Da questi risulta con chiarezza che la grazia è offerta a tutti – e l’Apostolo lo ripete insistentemente, con trasparente allusione al battesimo e all’eucarestia (vv. 1-4a) – ma Dio chiede a ciascuno di non renderla vana.

Un fideismo quasi magico nell’efficacia dei sacramenti o una certa euforia spirituale inducono a trascurare le esigenza morali che una vita autenticamente cristiana comporta perché di essa Dio si possa compiacere (vv. 5s). Anche la mormorazione che suscita divisioni (vv. 1,3) è condannata e considerata come un ripetersi del malcontento del popolo durante il cammino nel deserto (v.10). L’esempio degli Israeliti resta emblematico per trattenere altri dal precipitare nel medesimo abisso e incorrere in una analogo castigo (v.11). “È arrivata la fine dei tempi”, non è il caso di vivere da spensierati. Ciascuno interroghi dunque la propria coscienza e misuri la propria fortezza (v.12): occorre essere saldi e ben fondati.

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