III DOMENICA "PER ANNUM" . 21 gennaio

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. 1Corinzi 7,29-31

Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; 30coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; 31quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!

 

Due affermazioni di principio incorniciano il nostro brano permettendo di chiarire il rapporto che il cristiano deve avere con le realtà mondane: «Il tempo si è fatto breve» (v. 29), «Passa la scena di questo mondo» (v. 31). Il tempo si è fatto breve. Altrove l’Apostolo parla anche di ‘fine dei tempi’ davanti cui è posto il cristiano (cfr. 1 Cor 10,11). Dicendo che il tempo si è fatto breve, Paolo non pensa al tempo in senso cronologico, visto come il fluire inarrestabile degli istanti, ma piuttosto al momento favorevole, al kairós, quale occasione colma di nuove opportunità. Più che un atteggiamento di distacco, di indifferenza nei confronti delle cose, vuole così sottolineare come il tempo è stato ‘riempito’ dalla presenza di Cristo, sì che il tempo della vita del discepolo appare concentrato, decisivo. Passa la scena di questo mondo. Anche questo secondo principio va letto in maniera corrispondente al precedente. Che cosa è la scena di questo mondo che passa? Il termine greco usato è propriamente «schema», cioè una configurazione priva di libertà, ‘schematica’ appunto. È precisamente la sua conformazione di mondo segnato dal peccato e dalla morte. Nessun misconoscimento dunque della bontà del mondo creato da Dio, ma solo un giudizio verso questa precisa ‘configurazione’ destinata a passare (cfr. Rm 8,18-22). Paolo non parla da predicatore apocalittico che vuole incutere timore con la prospettiva della vicina fine di tutte le cose. Il suo vuole essere invece un messaggio di speranza e di consolazione: il mondo, così come appare ai nostri occhi, con la sua sottomissione al peccato e alla morte, è già segnato dalla vicinanza del mondo di Dio. Al cristiano è chiesto di vivere con vigilanza ogni realtà di questa terra nella prospettiva del «come se non», ripetuto ben cinque volte. Da una parte il discepolo di Cristo deve saper prendere correttamente le distanze dalle realtà in cui è immerso –ciò che richiama un po’ le posizioni degli stoici –, dall’altra deve vivere ogni realtà e stato di vita, partecipandovi con uno stile corrispondente alla signoria di Cristo su di lui (cfr. 1 Cor 7,17-24).

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