IV DOMENICA di PASQUA . 12 maggio 2019

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Apocalisse 7,9.14-17

Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

 

Con la visione dell’innumerevole moltitudine dei salvati, la “Sezione dei sigilli” dell’Apocalisse raggiunge il suo culmine. Aprendoli uno dopo l’altro, l’Agnello immolato – cioè il Cristo crocifisso e risorto – rivela pienamente il progetto salvifico di Dio (5,1-8). I sigilli, infatti, indicano le dinamiche della storia, e sono sette come i giorni della creazione. Al sesto giorno, dedicato alla creazione dell’uomo, corrisponde il sesto sigillo: la salvezza dell’umanità mediante l’intervento escatologico di Dio, realizzato in tre tempi. Dapprima è distrutto interamente il male (6,12-17). Poi appare la moltitudine di centoquarantaquattromila persone (numero simbolico che indica la totalità di Israele), le quali vengono segnate con il sigillo di Dio – il Tau, che nella grafia antica aveva la forma di croce – e risparmiate dalla catastrofe. Infine la salvezza giunge allo stadio definitivo, descritto nella visione, che coinvolge una moltitudine incalcolabile, di ogni provenienza, razza, tribù, nazione. Viventi della stessa vita dell’Agnello (ritti in piedi: cfr 5,6), in un rapporto personale con lui, espresso dal fatto che stanno «davanti» a lui, lo guardano in volto. Definitivamente partecipi della sua risurrezione («avvolti in vesti candide»), i redenti condividono con lui la vittoria sul male e la vita immortale («portavano palme nelle mani»). Sono passati attraverso la grande tribolazione che è la passione di Cristo, in cui si raccoglie ogni sofferenza dell’umanità. Mediante il battesimo sacramentale ovvero il battesimo dell’afflizione vissuta in comunione con Gesù sono divenuti partecipi del mistero pasquale che rigenera e santifica (v. 14); perciò rendono a Dio un culto perenne e godono della sua protezione e della sua presenza («tenda». La piena realizzazione di ogni desiderio, il conforto divino e la sicurezza che il Secondo Isaia aveva profetizzato vaticinando un nuovo esodo in cui Dio stesso si sarebbe fatto guida del suo popolo (Is 49,10; cfr. Sal 22) si sono realizzati in Cristo. Egli venuto nella carne, per sempre è il pastore dei redenti, colui che li riconduce alla sorgente della vita, cioè all’intimità con il Padre, infinita gioia (vv. 16-17).

Torna indietro