IV DOMENICA di QUARESIMA . 31 marzo

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. 2Corinzi 5,17-21

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

 

Il brano inizia con l’affermazione fondamentale del cristianesimo: se l’umanità e morta e risorta con Cristo, tutto ciò che è vecchio (ossia sotto la legge del peccato) è scomparso. Quello che conta è la creatura nuova. L’uomo vecchio è sepolto nel battesimo. Dall’acqua emerge l’uomo nuovo.

Tale trasformazione è pura grazia. Il genere umano, immerso nel peccato, non poteva ritornare a Dio con i suoi soli mezzi. Nell’eccesso del suo amore (cfr. Ef 2,4; Rm 5,8), Dio inviò l’Unigenito perché con la sua immolazione operasse la riconciliazione. Noi siamo salvati “attraverso Cristo” e “in Cristo”. Le due espressioni on costituiscono una ripetizione, ma un approfondimento, quasi a dire, una volta riconciliati per i meriti di Cristo, noi siamo innestati in lui e diventiamo con lui cooperatori all’opera zi salvezza. Al v. 20, infatti, ci è affidata una specifica missione: siamo ambasciatori di Cristo, per mezzo nostro Dio vuole esortare l’adesione piena e libera della volontà. Paolo offre un motivo altissimo che può suscitare l’assenso: il Giusto è diventato peccato perché i peccatori diventassero giustizia. Egli si è fatto solidale con noi, non saremo noi solidali con lui?

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