PENTECOSTE "B" . domenica 20 maggio 2018

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA: Galati 5,16-25

Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. Del resto, le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è legge. Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.

 

Paolo esorta coloro che hanno già ricevuto la vita nuovo nello Spirito mediante il battesimo a camminare concretamente secondo lo Spirito (vv. 16.25). Esso infatti guida i passi dell’uomo, è la luce e fortezza nel cammino. Ma perché è necessario un così accorato invito? Benché l’uomo ‘ami di amare’, a questo desiderio che Dio ha immesso nel suo cuore, si oppone un’altra forza che Paolo chiama biblicamente “carne”. Questo termine indica la fragilità, la debolezza, l’insufficienza della creatura, la sua nativa inclinazione al male: l’uomo tende a soddisfare l’egoismo di cui è schiavo (v. 16s.). Lo Spirito libera da questa tirannide, ma non senza la collaborazione personale (v. 18).

Paolo descrive in modo netto e inequivocabile ai Galati i diversi comportamenti derivanti dalla scelta di seguire il principio della carne oppure la guida dello Spirito. Chiama “opere” ciò che proviene dalla carne e preclude l’accesso al regno di Dio (vv. 19-21), mentre definisce “frutto” l’esito della sequela dello Spirito (vv. 22s.). In tal modo egli afferma implicitamente che la carne è sterile, conduce alla dispersione dell’uomo; lo Spirito invece, attraverso molte virtù, porta un unico frutto di santità, che matura nell’uomo unificandolo interiormente. Chi nel battesimo si è unito al mistero pasquale di Cristo ha crocifisso in lui la propria carne, per vivere con lui da risorto, sempre animato e guidato dal suo stesso Spirito (v. 24).

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