PENTECOSTE . domenica 4 giugno 2017

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. ATTI 2,1-11

Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi. Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo. Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. E tutti stupivano e si meravigliavano, dicendo: «Tutti questi che parlano non sono Galilei? Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia cirenaica e pellegrini romani, tanto Giudei che proseliti, Cretesi e Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue».

 

Mentre il giorno di pentecoste si avvia al compimento – anche se l’evento narrato accade verso le nove del mattino, la festa era però cominciata alla sera precedente – si compie anche la promessa di Gesù (1,1 - 5), in un contesto che richiama le grandi teofanie dell’Antico Testamento e in particolare quella di Es 19, preludio al dono della Legge che il giudaismo celebrava appunto il giorno di pentecoste (vv. 1-2). Lo Spirito è presentato come pienezza. Egli è compimento della promessa. Come vento gagliardo riempie tutta la casa e tutti i presenti; come fuoco teofanico assume l’aspetto di lingue di fuoco che si posano su ciascuno, comunicando il potere di una parola infuocata, in molteplici lingue (vv. 3-4).

L’evento avviene in un luogo delimitato (v. 1) e coinvolge un numero ristretto di persone, ma da questo momento, a partire da quelle persone, ha inizio un’opera evangelizzatrice dalle sconfinate dimensioni («Ogni nazione che è sotto il cielo»: v. 5b). il dono della parola, prima carisma suscitato dallo Spirito, è finalizzato alla lode del Padre e all’annunzio, perché tutti, per la testimonianza dei discepoli, possano aprirsi alla fede e rendere gloria a Dio (v. 11b). Due caratteristiche contraddistinguono questa nuova capacità di comunicazione elargita dallo Spirito: in primo luogo essa è comprensibile a ciascuno, realizzando l’unità linguistica distrutta da Babele (Gen 11,1-9); in secondo luogo sembra ricollegarsi alla parola estatica dei più antichi profeti (cfr. 1 Sam 10,5-7) e comunque è interpretata come profetica dallo stesso Pietro, quando spiega l’accaduto ai Giudei di ogni provenienza (vv. 17-18).

Lo Spirito irrompe e trasforma il cuore dei discepoli rendendoli capaci di intuire, seguire, testimoniare le vie di Dio per guidare tutte le genti alla piena comunione con lui, nell’unità della fede in Gesù Cristo, crocifisso e risorto (vv. 22-23 e 38-39; cfr. Ef 4,13).

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