PENTECOSTE . domenica 9 giugno 2019

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Romani 8,8-17

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

 

Scrivendo ai Romani Paolo evidenzia drammaticità della condizione umana soggetta alla schiavitù del peccato (cfr. 7,14b-25). E indica questa fragilità congenita alla natura con il termine biblico di “carne”. Coloro che si lasciano dominare da questo principio possono essere graditi a Dio, poiché “l’intento della care è inimicizia verso Dio” (v.7, alla lettera). Come allora sfuggire all’ira divina? Un altro principio dimora e agisce nei battezzati: lo Spirito Santo. Il battesimo fa morire al peccato (6,3-6) per immergere nella morte salvifica di Cristo (vv. 3s). Compito del cristiano è quindi quello di lasciar operare in sé ogni giorno il dinamismo di morte – al peccato – e di vita – nello Spirito – insito nel battesimo, per divenire sempre più vivo della vita stessa di Dio (vv. 10-12). È lo Spirito che rende l’uomo figlio adottivo di Dio inserendolo nella filiazione unica di Cristo. Questa realtà, però, non si compie in un solo momento. È un germe che si sviluppa quotidianamente nella misura della docilità alla sua ‘guida’. Al centro della lettera compare per la prima volta questa splendida definizione dei cristiani, denominati “i guidati dallo Spirito di Dio”, che perciò sono figli di Dio (v.14). lo Spirito conferma interiormente questa nuova adozione, donando la libertà di pregare Dio con la stessa fiducia di Gesù, con la sua stessa invocazione filiale (vv. 15s.) e dischiudendo l’orizzonte sconfinato della nuova condizione: se si è figli, si anche eredi del regno di Dio insieme con Cristo, primogenito fra molti fratelli (v. 29). Questo però significa accettare anche di condividere con Gesù l’ora della sofferenza, della passione, per passare con lui da morte a vita ed essere strumento di salvezza per la redenzione di molti (v. 7; cfr. 1 Pt 4,14).

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