TUTTI I SANTI . mercoledì 1 novembre

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. Apocalisse 7,2-4.9-14

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

Il veggente dell’Apocalisse, introduce in questo brano una pausa. Stanno per aprirsi i sigilli della storia (cfr. Ap 8ss.), sta cioè svelandosi il segreto più intimo della storia e, nella visione, la storia sta per giungere al suo intimo compimento. Eppure, la scena si ferma e non può continuare. Mentre i quattro angeli trattengono i venti prima della catastrofe finale (cfr. Ap 7,1), si mette in scena un rito di tipo liturgico: il «sigillo del Dio vivente» (v. 2; cfr. Ap 9,4) viene impresso «sulla fronte dei suoi servi» (v. 3). Di seguito avviene la chiamata dei salvati (vv. 4-9a) e prosegue il rito stesso (vv. 9b-12), con una spiegazione introdotta ricorrendo all’artificio di un dialogo (vv. 13-17). Questo sguardo d’insieme ci permette di affrontare ora la lettura di alcuni aspetti particolari. Prima di tutto, puntiamo la nostra attenzione sul «sigillo del Dio vivente». L’immagine si ricollega alla profezia dell’Antico Testamento, quando un angelo deve segnare la fronte di quanti non si sono dati all’idolatria, salvandoli dal castigo divino (cfr. Ez 9), o – più in là ancora – potrebbe anche ricollegarsi al segno posto sull’architrave e sugli stipiti delle case degli israeliti la notte di pasqua, che impedisce all’angelo sterminatore di entrare nelle case per colpire (cfr. Es 12). Comunque, esso resta il segno della comunità dei salvati. In particolare, poi, in alcuni brani del Nuovo Testamento, viene praticamente identificato con lo Spirito Santo (cfr. Ef 1,13s.; 4,30). Potremmo, quindi, dire che è proprio lo Spirito Santo a costituire il sigillo di appartenenza alla schiera dei salvati. Questa comunità viene prima di tutto descritta tramite le dodici tribù di Israele (dodicimila salvati per ciascuna tribù), in modo da formare il numero simbolico di centoquarantaquattromila e da determinare, in tal modo, un rimando alla radice storica della fede cristiana (cfr. Ap 7,5-8). Tuttavia, come gli eventi della visione non riguardano solamente pochi eletti, ma tutta la creazione, viene in seguito nominata una «moltitudine immensa, che nessuno poteva contare» (v. 9). Nell’immagine di questa moltitudine avviene il passaggio da una salvezza particolare, destinata a pochi eletti per «razza, popolo, lingua» (v. 9), a una salvezza rivolta a tutti, una salvezza veramente universale. Il rito, cui tutti – anche gli angeli – partecipano, è una liturgia di lode. Si proclama che l’unica fonte di salvezza (per i singoli e per la storia) proviene da Dio e da Gesù Cristo (l’«Agnello»: vv. 10.14; cfr. 7,17). Non si tratta più di un semplice riconoscimento esteriore di fronte a qualcuno che si mostra più forte di noi, ma è un evento che trasforma quanti vi partecipano, rendendoli un solo coro di ringraziamento e di lode.

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