VI DOMENICA di PASQUA . 26 maggio 2019

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Apocalisse 21,10-14.22-23

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.

 

Con la visione della celeste Gerusalemme si conclude il libro dell’Apocalisse e trova compimento tutta la rivelazione biblica. In netto contrasto con la precedente visione della città del male, Babilonia, la prostituta, e del castigo cui è sottoposta (capitoli 17-18), Giovanni descrive ora la realtà splendida che «scende dal cielo», cioè quale dono divino: Gerusalemme, la sposa dell’Agnello, la città santa. In essa si manifesta la bellezza stessa di Dio, e simile al suo è il fulgore iridescente che emana (v. 11; cfr. 4,3). La perfezione della città è descritta con immagini attinte dai profeti (Ez 40,2; Is 54,11-12; 60,1-22; Zc 14) e composte in una nuova e più alta sintesi. Tre elementi simbolici richiamano la sua edificazione: il muro, le porte, i basamenti. Il muro indica delimitazione, compattezza, sicurezza, ma non chiusura. Infatti su ogni lato, a ogni punto cardinale, si aprono tre porte (cfr. Ez 48,30-35) attraverso le quali tutti i popoli della terra possano entrare nella città, venendo a costruire l’unico popolo di Dio, al quale è consegnata la rivelazione. Sulle porte inoltre sono scritti i nomi delle dodici tribù di Israele e sono presidiate dai dodici angeli, mediatori della legge antica (vv. 12-13). Basamenti delle mura sono gli apostoli del Cristo crocifisso e risorto, sulla cui testimonianza si edifica la Chiesa (Ef 2,19-20). La città manca però del luogo santo per eccellenza, il tempio, che faceva della Gerusalemme terrena «la città santa». Questa apparente mancanza è la sua più grande ‘pienezza’: l’Onnipotente e l’Agnello sono il suo tempio. L’incontro con Dio non si attua ormai più in un luogo particolare ad esclusione di tutti gli altri. L’incontro con Dio nella Gerusalemme celeste è una realtà sponsale, una comunione di vita: Dio e l’Agnello saranno tutto in tutti (1 Cor 15,28), la Presenza gloriosa di Dio (she kînah) e del Cristo risorto è luce che tutto avvolge e in cui tutti si immergono (vv. 22-24; cfr. Is 60,19-20).

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