VIII DOMENICA "PER ANNUM" . 26 febbraio

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. ISAIA 49,14-15

Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.

 

Si rivela subito un grande contrasto, in questa breve lettura, soprattutto se si tiene presente il contesto precedente (IS 49,1-13) nel quale il grande ritorno del popolo eletto è presentato come un unico atto di Dio, fedele e misericordioso. Da un lato la provocazione che sale dal basso: una sorta di sfida che Israele lancia contro il suo Dio. Questi ha chiaramente manifestato, in diverse occasioni, di essere un Dio esigente, ma pure indulgente, un Dio che esprime al meglio la sua onnipotenza quando può perdonare e liberare i poveri. Eppure l’ingratitudine del popolo eletto fa capolino a ogni tappa della storia della salvezza. E tuttavia il Signore non si lascia sorprendere e subito reagisce da par suo e protesta: «Può forse una donna dimenticare il bambino che alleva?» (v. 15). Per non lasciar adito ad ulteriori dubbi, Dio fa appello all’amore materno: quanto di più forte e di meno discutibile si possa pensare. Si direbbe: un amore ancor più forte di quello sponsale! Il confronto deve essere ben valutato. Il linguaggio adottato dal profeta è inequivocabile: non si tratta di una mera somiglianza, bensì di un argomento a fortiori, per dire che l’amore di Dio per il suo popolo è infinitamente superiore a quello di una madre per suo figlio. Lo esprime a chiare lettere anche il profeta Osea: «Non darò sfogo all’ardente mia ira, non mi volgerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo» (11,9).

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