X DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 10 giugno

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA: 2Cor 4,13-5,1

Fratelli, animati da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio. Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne. Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli.

 

Continua e si approfondisce in questa lettura lo sviluppo, da parte di Paolo, del motivo per cui chi si pone alla sequela di Gesù Cristo accetta con gioia la logica della croce: Cristo ci salva attraverso la sua morte! La vittoria sul male per il cristiano è opera di Dio soltanto, in Cristo: l’uomo, da solo, verrebbe inevitabilmente schiacciato dal mistero di iniquità che segna la sua storia. È l’amore di Dio, il Padre, l’unico in grado di «ridurre all’impotenza mediante la morte [di Cristo] colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo» (Eb 2,14). La lettura richiama fin dal suo inizio il centro della fede e della speranza dei cristiani: siamo «convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi» (v. 14). Come non pensare qui alla certezza che con vigore l’apostolo Giovanni intende trasmettere nel suo vangelo quando, descrivendo il momento in cui il male sembra avere il sopravvento, ossia il momento della morte di Gesù, afferma che proprio lì «il principe di questo mondo sarà gettato fuori» (Gv 12,31)? Questa fiduciosa certezza viene dalla presente lettura comunicata a tutti i credenti anche se l’«uomo esteriore», ossia fragile e provvisorio, si va inevitabilmente disfacendo, quello «interiore» può rinnovarsi di giorno in giorno. Occorre però non fissare lo sguardo sulle «cose visibili», ma orientarlo verso quelle «invisibili» ed «eterne». L’assimilazione a Cristo, infatti, ci fa sperare di ricevere da Dio «un’abitazione, una dimora non costruita da mani duomo, eterna, nei cieli».

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