XI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 17 giugno

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA: 2Corinzi 5,6-10

Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione. Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore. Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male.

 

Il brano della seconda lettura continua l’incoraggiamento (già presente nella seconda lettura della domenica precedente) rivolto ai cristiani a tenere fisso lo sguardo sui beni ‘invisibili’, ma eterni. La prospettiva di colui che ha scelto di mettersi alla sequela di Cristo non è, infatti, di questo mondo: la fede e la speranza in Cristo risorto portano a guardare verso un orizzonte ‘oltre’ la dimensione terrena.

Questa consapevolezza si traduce, nel brano appena letto, in tre ordini di pensieri: in primo luogo si ha una comprensione del nostro ‘essere nel corpo’ come di un “essere in esilio lontano dal Signore” (v. 6). Ciò che caratterizza l’esistenza terrena del cristiano è la fede, non ancora la visione. Da questa dialettica fede-visione scaturisce l’atteggiamento proprio del credente: la fiducia. È questo il temine fondamentale (ricorre ben due volte nelle righe iniziali del testo) che riassume l’identità del credente: egli è uno che si ‘fida’ pienamente, meglio uno che si ‘affida’ a colui che solo ritiene affidabile. La vita del credente è così orientata verso il suo destino di compimento in Dio.

In secondo luogo, si prende atto che ciò che conta nell’oggi terreno, vissuto alla luce della fede, è lo sforzo per “essere a lui graditi” (v. 9b). non si tratta di semplice logica di prestazione o di una fiducia nei nostri meriti: non sono essi, infatti, a procurare la salvezza. Piuttosto, l’espressione rimanda all’impegno operoso di condurre la propria vita sempre sotto lo sguardo di Dio.

E, infine, in terzo luogo, il pensiero di dovere “comparire davanti al tribunale di Cristo” (v.10). Ma questa non è più allora una prospettiva che genera ansia o paura, ma solo un’attesa di compimento sperato e la conclusione di una vita vissuta nell’abbandono in Dio.

Torna indietro