XII DOMENICA "PER ANNUM" . 21 giugno

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Rm 5,12-15

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti.

 

Paolo, utilizzando la figura letteraria semitica del parallelismo, sviluppa la riflessione sulla condizione dell’uomo che Cristo ha liberato dal peccato. Considera innanzitutto Adamo: egli è il primogenito dell’umanità peccatrice, poiché con il suo atto di disobbedienza a Dio ha introdotto nel mondo il peccato e la separazione da Dio che ne consegue, di cui la morte è segno. Ogni uomo è in qualche modo solidale nel peccato con Adamo, sia perché compie disobbedienze analoghe, sia perché da lui eredita una natura ferita incline al peccato (v. 12). Ciò è vero anche per gli uomini vissuti prima che Mosè ricevesse la Legge e che perciò non potevano colpevolmente infrangerla (vv. 13-14a).

Paolo introduce qui il secondo termine del parallelismo: Cristo, primogenito di ogni creazione (cfr. Col 1,15), prefigurato antiteticamente in Adamo (v. 14b). Anche con Cristo gli uomini vivono una solidarietà, che però è infinitamente superiore a quella con il progenitore: non è più di morte, ma di vita. Difatti, grazie all’obbedienza di Gesù, tutti gli uomini ricevono abbondantemente il dono

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