XIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 8 luglio

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA: 2Corinzi 12,7-1

Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia.

A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».

Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.

 

Dopo aver ricordato agli amati Corinzi (i quali però causano tante sofferenze all’Apostolo!) la grandezza delle rivelazioni ricevute, per dimostrare che la sua missione è veramente da Dio, ora Paolo si mostra in tutta la sua umana debolezza, meglio ancora, si ‘vanta’ di essa, così come in un’altra occasione si era vantato della croce di Cristo (cfr. 1 Cor 1,17 – 31). Alla fine della lettera abbiamo la dimostrazione che Paolo intende la sua propria debolezza esattamente sul modello di quella del Signore: “Infatti egli fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio. E anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per la potenza [in greco dynamis ] di Dio a vostro vantaggio” (2 Cor 13,4).

Come la croce produce scandalo, così la fragilità umana dell’Apostolo (descritta nella forma delle persecuzioni, insulti, divisioni nella comunità, malattia, angoscia) può provocare una reazioni di diffidenza e di paura nei Corinzi, ma proprio essa è il segno inconfondibile che la sua missione apostolica è da Dio, in quanto porta con sé il marchio inconfondibile della croce.

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