XIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 11 agosto

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Ebrei 11,1-2.8-19

Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

 

Come il libro della Sapienza, anche il c. 11 della Lettera agli Ebrei non è altro che una ‘rilettura teologica’ della storia della salvezza, a partire da Abramo fino ai profeti. La seconda lettura di questa liturgia della Parola si concentra tutta sulla vicenda di Abramo, nostro padre nella fede, privilegiando di lui soprattutto l’atteggiamento di fede. «Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì… per fede soggiornò nella terra promessa… per fede offrì Isacco…»: questo ritornello basta da solo per comprendere  che non solo quella di Abramo, ma la storia di ogni uomo richiede di essere letta e interpretata alla luce della fede, intesa come sorgente di nuova luce, come viatico per il nostro cammino.

«Per fede anche Sara ricevette la possibilità di diventare madre…»: accanto alla storia del patriarca Abramo, l’Autore della lettera agli Ebrei si preoccupa di narrare anche la storia della ‘matriarca’ Sara. Ambedue sono destinatari della medesima promessa; ambedue ricevono da Dio un dono straordinario; ambedue dinanzi a Dio assumono un atteggiamento di fede; ambedue perciò saranno eredi della promessa.

Che cosa significhi essere uomini e donne di fede lo si ricava chiaramente dalle due storie intrecciate di Abramo e di Sara: la loro obbedienza si tramuta in totale disponibilità all’azione di Colui che li ha scelti per una storia di salvezza universale, che supera le loro persone e il loro destino.

La loro povertà personale sorprendentemente si tramuta in ricchezza-dono di Dio; la loro solitudine, resa ancor più triste perla mancanza di un erede, si risolve in una sterminatala moltitudine di eredi; infine, il sacrificio del loro unico figlio diventa simbolo di quel sacrificio che, nella pienezza dei tempi, il figlio di Dio, Gesù, offrirà per la salvezza dell’intera umanità.

Torna indietro