XIX DOMENICA "PER ANNUM" . 13 agosto

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. 1Re 19,9.11-13

In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.

 

Le grandi teofanie sono segni per i quali Dio manifesta la sua presenza senza identificarsi in essi. Sull’Oreb il profeta Elia sperimenta il “vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce” (v. 11). Come non cogliervi l’indicazione della potenza di Dio? Monti e rocce sono quanto di maestoso e forte la natura offre alla contemplazione dell’uomo: colui che può sconvolgere è soltanto una Maestà e una Potenza superiori. Il terremoto è un altro fenomeno naturale che incute nell’uomo paura, senso di piccolezza e di impossibilità di difesa. In modo spontaneo genera in lui il timore verso ciò che egli non può governare né controllare. Le sue certezze interiori crollano ancor più di quanto si sgretola sulla superficie terrestre scossa. Il Signore è un Dio che sconvolge le umane sicurezze. Il fuoco, non ben precisato, richiama intensamente l’indicibile, ineffabile e superlativo attributo divino: la santità.

Il brano ci fa intuire che però queste caratteristiche evidenziano la distanza tra la trascendenza divina e la piccolezza umana. Elia aveva ricevuto l’ordine di uscire dalla caverna alla presenza del Signore ma, spaventato dallo scatenarsi inconsueto delle forze della natura, vi si era nuovamente ritirato. Solo al “mormorio di un vento leggero” (v. 12) si fermò all’ingresso del suo rifugio. La delicatezza immanente di un Dio che si nasconde consente all’uomo di avvicinarlo per goderne l’amicizia primordiale (cfr. Gen 3,8).

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