XIX DOMENICA "PER ANNUM" . 9 agosto

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Romani 9,1-5

Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

 

La confidenza dell’Apostolo è toccante: “Ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua” (v. 2). Causa di questo martirio interiore è la solidarietà “secondo la carne” con quei suoi fratelli, gli Israeliti, da lui ora separati a motivo della fede in Cristo Signore. Dunque, ebreo “secondo la carne” e cristiano “secondo la fede” che professa, Paolo fa esperienza della più profonda delle lacerazioni che potessero interessarlo come uomo: essere ebreo e cristiano al contempo. La ferita pare quasi somatizzata allorché dichiara: “Vorrei essere io stesso anatema, separato da Cristo, a vantaggio dei miei fratelli” (v. 3).

Della schiera dei santi che seguiranno in venti secoli di cristianesimo, è certamente il primo della sequela di Cristo in questo tipo di martirio: farsi maledizione per la salvezza dei fratelli, accettare l’infamia massima per liberare altri da quanto loro ottenebra la verità e distanzia la piena comunione con Dio. ‘Anatema’ significa mettere a parte per riserbare a Dio tramite totale distruzione. Poi, nel tempo, la parola invertì significato e l’idea si evolvette in ‘maledizione’. Per il cristiano lo è la separazione da Cristo. Persecutori e martiri hanno fatto a gara su questo perno della coscienza per provarne la solidità, gli uni con la perversità, gli altri nella fede. E l’Apostolo si riprende in una lettura di speranza sulle divine promesse. Il richiamo a Israele è memoria di un popolo, di un’elezione, di un’alleanza di cui Cristo è sigillo anche secondo la carne.

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