XV DOMENICA "PER ANNUM" . 12 luglio

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Rm 8,18-23

Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

 

Il cristiano è liberato dalla schiavitù del peccato e della morte e dal giogo della legge – impotente a salvare – per vivere guidato dallo Spirito, come figlio d Dio (8,1-5.14). La sofferenza non contraddice questa realtà e non può offuscarne lo splendore: diviene anzi mezzo per una effettiva e necessaria partecipazione al mistero pasquale di Cristo (v. 17). Esso è il centro, la chiave di tutta la vicenda umana e perfino cosmica. Infatti, il dolore è retaggio del peccato, conseguenza della maledizione che esso porta con sé (Gen 3,14-19); l’uomo, a cui Dio aveva affidato il creato “perché lo coltivasse e lo costudisse” (Gen 2,15), lo ha invece trascinato con sé nell’asservimento al maligno (v. 21). Ma la Pasqua di Cristo innalza l’uomo oltre l’antico splendore della condivisione originaria, lo orienta verso una gloria futura incomparabile, trasforma “le sofferenze del momento presente” in strumento di redenzione (v. 8). E quando questa redenzione sarà compiuta, anche il cosmo sarà trasfigurato (vv. 19-21). Il tempo presente è dunque un lungo, sofferto travaglio di parto che riguarda ogni creatura, ma il gemito che lo accompagna si muterà in canto di gioia quando entreremo “nella libertà della gloria dei figli di Dio” (v. 21).

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