XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 21 luglio

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Colossesi 1,24-28

Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

 

Paolo parla della sua missione e del modo con cui la svolge. La missione gli è stata “affidata da Dio” (v. 25; cfr. At 9,15), non è una sua iniziativa. Consiste nell’essere “ministro” della chiesa, “corpo” di Cristo (v. 24).

Il ministero ha per contenuto il “mistero” (v.26) o piano di salvezza universale, che Dio vuole realizzare nella storia. Al centro non c’è una realtà neutra, ma la persona stessa di Cristo, il Messia, da cui deriva “la gloriosa ricchezza di questo mistero” (v. 27). Il piano ha una storia: a lungo “nascosto… ma ora manifestato” (v. 26). La novità, nascosta nei secoli precedenti è che l’opera salvifica di Cristo non deve restare rinchiusa nei confini di Israele, ma è destinata anche alle genti, deve dilatarsi “in mezzo ai pagani… in voi” e raggiungere “ogni uomo” (v. 28).

Paolo svolge il suo servizio ecclesiale lasciandosene coinvolgere pienamente. Mette in azione la sua capacità di annunciare, istruire ed esortare con ogni sapienza i singoli destinatari “per rendere ciascuno perfetto in Cristo” (v. 28). Per questo non teme di affrontare le difficoltà: “Mi affatico e lotto” (v.29); anzi vi trova gioia nel farlo per amore dei fedeli: “Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi” (v. 24). Illuminate è l’indicazione della fonte e della meta del suo agire. L’equipaggiamento spirituale gli viene dall’alto: “…con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza” (v.29). La meta è contribuire alla passione renditrice di Cristo: “Completo nella mia carne quella che manca ai patimenti di Cristo” (v.24). Per sé i patimenti di Cristo sono perfettamente sufficienti per operare la salvezza. Ma il suo annuncio e la sua accoglienza comportano a loro volta delle sofferenze, che Paolo vede come un ‘completamento’ della passione.

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