XVII DOMENICA "PER ANNUM" . 26 luglio

SECONDA LETTURA. Romani 8,28-30

Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.

C’è nell’uomo una regalità nascosta: il divino disegno della sua deificazione alla quale è ordinato in Cristo. Cinque verbi scandiscono questo mirabile progetto dell’Altissimo: conoscere, predestinare, chiamare, giustificare e glorificare. Il primo esprime una relazione di tipo esistenziale: quale lo è di più di quella che intercorre tra Creatore e sua creatura? Si tratta di una ‘conoscenza’ fondata su di una predilezione d’amore. Il secondo assegna a Dio ogni primato di intervento in questa elezione e ne significa il fine, correlativo all’origine nel suo beneplacito. Questa ‘denominazione’ manifesta a priori non elimina la libertà umana, alla quale resta totalmente la potestà di adesione o meno al divino progetto. Il terzo verbo implica la vocazione che si manifesta nel cuore della persona. Dio si rivolge direttamente alla coscienza. Da qui muove dentro la libertà della persona il processo di deificazione in sinergia con la grazia divina. Il quarto verbo ci pone innanzi con termine giuridico stesso. Un Dio che è amore esercita un’unica signoria sulla creazione: la vita. Nei riguardi dell’uomo questo si traduce in benevolenza profonda: misericordia. Si entra così nel significato compiuto del quinto verbo: glorificare. Più che un dovere dell’uomo, il riconoscere e proclamare la gloria di Dio diviene un esserlo per chiamata. Lode della sua gloria è infatti l’uomo vivente, per sempre reso splendore della santità da cui ha preso origine in principio.