XVII DOMENICA "PER ANNUM" . 30 luglio

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. 1Re 3,5.7-12

In Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte e gli disse: «Chiedimi ciò che io devo concederti». Ora, Signore mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto, popolo così numeroso che non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?». Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare. Dio gli disse: «Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te.

 

Un ragazzo e un popolo numeroso da non potersi contare: ancora una volta la Scrittura ci presenta il paradosso di Dio nel suo agire sovrano dentro la storia dell’uomo e nella sua imprevedibilità di giudizio. Egli affida il proprio popolo a un giovane re che dovrà esercitarne il governo come successore del grande Davide, depositario di promesse divine e di speranze messianiche. C’è una regalità superiore, comunque, che si pone a garanzia: sia il “ragazzo”, sia il popolo sono stati scelti e di entrambi unico Signore è Dio. Salomone è consapevole di essere stato elevato a “servo” per il servizio a quel popolo non di sua proprietà: “Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto” (v.8). Quel popolo è come un ‘primogenito’ tra i popoli e il giovane re è come attraversato da un fremito dinanzi alla preziosità della consegna. Fiducia e responsabilità di cui viene investito con il potere lo maturano nella consapevolezza del proprio essere inadeguato. In questo passaggio per l’umiltà, egli nasce re.

Regale è la sua preghiera dinanzi all’aiuto che Dio stesso gli porge, venendo manifestatamente incontro ad un suo turbamento nascosto: “Chiedimi ciò che devo concederti” (v. 5). La richiesta non verte su benessere, potere e gloria terreni: lunga vita, ricchezza e morte dei nemici. Si concentra tutta, invece, su quanto l’uomo di per sé non può ottenere se non è Dio a concederglielo: un cuore saggio e intelligente, atto a discernere giustizia e verità. Si afferma così la coscienza che regnare è servire secondo queste alte prerogative: “Prima della gloria c’è l’umiltà” (Pr 15,33).

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