XVIII DOMENICA "PER ANNUM" . 2 agosto

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Romani 8,35.37-39

Fratelli, chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

 

L’Apostolo presenta un quadro drammatico del cristiano nel mondo che rigetta ciò che non gli appartiene connaturalmente nella solidarietà della corruzione, della passabilità, del peccato e della morte. In generale, questo vale anche per ogni uomo tra i flutti di una storia che vuole risucchiarlo con le sue tribolazioni e angosce. Ma ogni privazione è colmata da una certezza che rivolge la tragica situazione in una assai più luminosa realtà: l’Amore di un Dio più forte della morte.

Il quadro, dunque, si ribalta a favore dell’uomo in virtù: “di Colui che ci ha amati” (v. 17). Nessuna creatura, per quanto potente o superiore come lo sono quelle angeliche, potrà più sopraffare chi si trova radicato nell’“amore di Dio in Cristo Gesù” (v. 39). Il testo paolino ne richiama fortemente un altro dell’Apostolo che afferma: “Il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Cor 3,22s.). Nell’amore di Dio e nella divina umanità di Cristo, l’uomo redento ritorna alla signoria di Colui asl quale tutto appartiene e del cu mistero tutto prende parte.

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