XXII DOMENICA "PER ANNUM" . 3 settembre

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. Geremia 20,7-9

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si fa beffe di me. Quando parlo, devo gridare, devo proclamare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!». Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.

 

Il testo costituisce l’ultima sezione delle cosiddette “Confessioni di Geremia “, che si trovano disseminate nei capitoli precedenti del libro biblico (cc. 11,15,17,18) e ci consentono di cogliere la complessità dell’anima del profeta incompreso e perseguitato. La lettura integrale della pericope, fino al v. 18, illustrerà ancor meglio l’alternarsi dei sentimenti che ora calamitano il profeta verso Dio (un fuoco che non riesce a contenere: cfr. v. 9), ora dipingono Dio come un seduttore che ha forzato la mano e che viene considerato dal profeta all’origine di tutte le sventure da cui è segnato l’intero corso della sua vita (“maledetto il giorno in cui nacqui”: v. 14).

Questa parola dalla carica irresistibile che Geremia un tempo divorava con avidità e che era la letizia del suo cuore (Ger 15, 16), ora si traduce in motivo do obbrobrio e di scerno. Ma disertare la missione profetica è come voler spegnere nel proprio cuore la fiamma di un braciere divino.

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