XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 18 ottobre

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. 1 Tessalonicesi 1,1-5b

Paolo e Silvano e Timoteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l'operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione.

 

Sono queste le prime righe scritte di quello che diverrà il Nuovo Testamento. Paolo si rivolge ai pagani convertiti della città di Tessalonica e li definisce senza alcuna difficoltà “chiesa”, cioè ‘assemblea’ (. 1), proprio come si chiamava la comunità cristiana di Gerusalemme. Sono una comunità di salvati dal Padre e da Gesù, sono oggetto dello stesso gesto d’elezione e d’amore; appartengono al popolo chiamato da Dio alla salvezza, che vive l’esperienza originaria di chiesa partecipando della nuova vita di Cristo risorto, suo Signore, e di Dio Padre, il Dio dei cristiani. Tutta la lettera è scritta sotto il segno del ringraziamento: ringraziamento a Dio – che è all’origine della chiamata alla fede dei Tessalonicesi (v. 3s.) – e ringraziamento ai Tessalonicesi che hanno perseverato nel vangelo ricevuto, e che ora vivono nelle tre virtù teologali specifiche dell’esistenza cristiana: fede, speranza, carità (v. 3). Essi sono amati da Dio, e da questo amore procede il loro impegno nella fede, che non si riduce ad un mero atteggiamento contemplativo, ma è operosità nella carità, dalla quale deriva anche una costante speranza, che non è una fuga nel futuro, ma coraggio nel sostenere le sofferenze.

Lo stile di vita dei Tessalonicesi è frutto prezioso del vangelo che, come potenza dello Spirito, raggiunge il cuore dell’uomo e lo trasforma. Si può ben capire allora come Paolo senta di dover rendere grazie perché il suo vangelo non è stato vano, ma è stato parola di Dio che i Tessalonicesi hanno accolta come tale, ‘ascoltandola dentro’. Proprio perché accolto come parola di Dio, l’evangelo è stato accompagnato dall’esperienza della forza dello Spirito, capace di trasformare la persona nella sua volontà e nel suo desiderio e di suscitare quella piena convinzione che è alla base di un’autentica vita cristiana e di una testimonianza efficace (v. 5).

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