XXV DOMENICA "PER ANNUM" . 23 settembre 2018

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA: Giacomo 3,16-4,3

Fratelli miei, dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia.

Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni.

 

La fede autentica si manifesta nelle opere. Così la vera sapienza si riconosce dai frutti (cfr Gc 3,13). L’autore della Lettera di Giacomo ci mette in guardia contro i falsi maestri, cioè contro coloro le cui parole non edificano la comunità della concordia, bensì ne fomentano le divisioni interne.

Chi è preoccupato solo di sé, e si chiude nella ricerca egoistica della propria gratificazione, si comporta in modo tale da creare disordine e turbamento negli altri (3,16). Al contrario, chi accoglie la sapienza, dono che Dio elargisce a chi glielo domanda (cfr. Sap 8,21), vive in modo limpido, schietto lineare. L’elenco di aggettivi qualificanti la sapienza “che viene dall’alto” (3,17) è composto, probabilmente, tenendo conto della situazione concreta dei destinatari della lettera ed evidenzia quelle virtù di cui essi hanno più bisogno. Se ne ricavano i lineamenti di una comunità minata da divisioni, personalismi, rivalità. Giacomo la esorta a confrontarsi con il dono di Dio e con l’urgenza di incarnarlo in uno stile di vita tollerante, proprio di chi accoglie gli altri senza discriminazioni, preoccupato non di apparire ma di essere. È lo stile di vita di chi costruisce la “pace”, la quale è il bene supremo, compendio di ogni altro (3,18). I cristiani sono invitati con decisione a scoprire le radici delle discordie e delle divisioni che lacerano la comunità (4,1a). Giacomo le individua nel desiderio disordinato di possedere, che genera conflitti innanzitutto all’interno stesso della persona (4,1b) e, di conseguenza, con gli altri (4,2). Non solo: provoca la rottura del rapporto con Dio, sì che la preghiera è svuotata di senso, è ridotta a un’apparenza ipocrita. Poiché non si può pregare Dio con cuore lontano da lui (4,3; cfr. Is 29,13).

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