XXV DOMENICA "PER ANNUM" . 24 settembre

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. Isaia 55,6-9

Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

 

Il primo contesto storico in cui questo oracolo viene pronunciato è quello del popolo di Israele di ritorno dall’esilio babilonese. L’autore sacro invita i suoi a rintracciare la presenza di Dio negli avvenimenti imprevedibili che essi si trovano a vivere e li spinge a rivedere l’idea che si sono fatti di Dio – un’idea troppo a misura… d’uomo. Il tono dell’oracolo è perciò rivelativo, e in pochi versetti troviamo espresso uno dei paradossi che connotano il Signore Dio: la sua vicinanza e intimità nei confronti dell’uomo, così come la sua somma trascendenza.

Il brano si apre con l’invito a cercare il Signore (v. 6): un Dio da cercare perché “si fa trovare”, un Dio da invocare perché “è vicino”. Tanto vicino, che la sua presenza interroga la vita dell’uomo nella sfera delle sue relazioni col mondo (la “via”) e con se stesso (i “pensieri”), e gli chiede di abbandonare ciò che è iniquo ed empio. E tuttavia, per il fatto che Il Signore è vicino, non si deve credere di poterne conoscere facilmente i disegni e il modo di agire. Soprattutto, non si deve credere di dimensionarli sulla misura di quelli dell’uomo. Per dare un’idea delle giuste proporzioni, Dio stesso – c’è un cambiamento repentino dalla terza alla prima persona – prende la parola e indica la distanza cielo / terra quale unità di misura della distanza fra i suoi e i nostri pensieri, fra le nostre e le sue vie. Stessa misura eccedente e aperta all’infinito usata dal salmista quando canta la misericordia del Signore: “Come il cielo è alto sulla terra…” (Sal 103,11).

A ben guardare, tuttavia, la costruzione letteraria a chiasmo (le sue vie, le nostre vie – i nostri pensieri, i suoi pensieri) con cui è espressa l’immagine, introduce di nuovo, all’interno di questo stesso oracolo, l’elemento della prossimità di Dio all’uomo. Le nostre vie e i nostri pensieri risultano infatti avvolti, circondati da quelli di Dio. Un Dio trascendente, allora, non catturabile da calcoli e previsioni umane, di una trascendenza però che non è distacco, perché fascia il mondo e la vita dell’uomo. Trascendenza come cura più alta, come sapienza somma e insieme provvidente.

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