XXVI DOMENICA "PER ANNUM" . 1 ottobre

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. Ezechiele 18,25-28

Voi dite: Non è retto il modo di agire del Signore. Se il giusto si allontana dalla giustizia per commettere l'iniquità e a causa di questa muore, egli muore appunto per l'iniquità che ha commessa. E se l'ingiusto desiste dall'ingiustizia che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà.

 

Il problema della responsabilità personale e collettiva attraversa tutta la Bibbia con sottolineature e rilievi non sempre convergenti. In antico l’apparenza di un uomo o di una donna, dalla nascita alla morte, a un gruppo etnico ben definito e costante esigeva un adeguamento e un assoggettamento continuo alla tradizione del clan e, quindi, alla legge dettata dal capo-clan, dal patriarca. Gli spazi della libertà, delle scelte individuali erano quasi inesistenti. La stessa legge divina, comunicata da Dio solennemente al responsabile del gruppo (patriarca o capo), non ammetteva possibilità di interpretazioni e di accomodamenti.

La coscienza personale nasce adagio e gradatamente. Adagio cresce con essa un diverso rapporto della persona con il gruppo e con la tradizione. La legge, inoltre, nel passato assoggettava l’uomo e la donna soprattutto all’osservanza esteriore. Anche nella applicazione delle sanzioni e delle pene, previste dalla legge, l’autorità responsabile giudicava e applicava la norma in maniera puramente esteriore, oggettiva. In altri termini veniva considerato esclusivamente il reato e non il reo, il peccato e non il peccatore. I giudici si regolavano secondo i fatti, non tenendo conto delle intenzioni.

Ezechiele diventa l’assertore della responsabilità personale. Nel Deuteronomio Dio, per bocca di Mosè, aveva parlato dell’osservanza della legge come sorgente di vita o di morte (cfr Dt 30,19s.: “Scegli la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, ascoltando la sua voce e stringendoti a lui”). Nel testo odierno Ezechiele afferma: “Se l’ingiusto desiste dalla ingiustizia che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà” (vv. 27s.) La responsabilità del bene e del male è soprattutto personale. Una delle verità che il cristianesimo ha contribuito a offrire all’intera umanità. 

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