XXVIII DOMENICA "PER ANNUM" . 14 ottobre 2018

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA: Ebrei 4,12-13

La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.

 

Nell’Antico Testamento la sapienza era invocata per imparare a discernere ciò che è giusto (cfr. 1 Re 3,9); nel Nuovo Testamento si presenta come parola di Dio incarnata, con un infallibile potere di discriminazione e di giudizio. In pochi versetti l’autore della Lettera agli Ebrei ce ne offre infatti una suggestiva teologia. Tale parola ci è presentata in linea con la sapienza, da cui Israele si era stoltamente allontanato (cfr. Bar 3,9‐38; 4,1‐4). Essa è qualificata come «vivente», in

grado quindi di dare vita rinvigorendo le scelte di fede del credente; «efficace», cioè dotata della dÿnamis Theû, vale a dire della ‘potenza di Dio’ che rende i fedeli suoi testimoni (cfr. At 19,20; 1 Cor 1,18). Ancora, essa è ritenuta «più capace di penetrare» rispetto a una spada taglientissima, perché può giungere a scrutare le interiorità dell’uomo in tutte le sue componenti psicologiche e spirituali.

Nel versetto 13 si opera un brusco salto grammaticale che ci mostra chiaramente come la Parola coincida di fatto con Dio stesso, al cui giudizio nessuno può in alcun modo sottrarsi. Sappiamo, infatti, che il Padre ha affidato questo giudizio al suo Figlio diletto e che tale giudizio è giusto, è però anche misericordioso per chi ha fede: «Chi crede in lui non è condannato» (Gv 3,18).

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