XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 25 ottobre

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. 1 Ts 1,5c-10

Fratelli, ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Infatti, per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi, infatti, a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.

 

Quella di Tessalonica è una chiesa molto giovane, sia perché da poco tempo ha ricevuto il messaggio nel vangelo, sia anche perché vive la freschezza e la novità della vita del Cristo risorto. Paolo ne è quasi orgoglioso, e vede in qualche modo la propria esperienza (e sé stesso) rivissuta nell’esperienza di questa comunità (v. 6).

Sotto l’azione dell’unico Spirito, Gesù e gli apostoli, Paolo e le sue comunità, sono accomunati nello stesso destino, uniti nella stessa vocazione, solidali nel cammino della croce, compartecipi della gioia dei frutti della risurrezione. È per questo che, come Paolo, anche la chiesa di Tessalonica diventa ‘modello’, punto di riferimento e di irradiazione del vangelo. Essa, infatti, imita Paolo nella “gioia” di una vita ritagliata sul vangelo stesso: la gioia è dono dello Spirito, di quello Spirito Santo che ha guidato Gesù fino all’offerta suprema di sé e che ora conduce Paolo in mezzo alle prove e alle tribolazioni. La comunità imita Paolo anche nella forza suprema con cui accoglie la persecuzione e la tribolazione causatele dal vangelo; proprio per questo i Tessalonicesi sono divenuti a loro volta un esempio da imitare per gli altri cristiani di Grecia: “Così da diventare modello a tutti i credenti che sono nella Macedonia e nell’Acaia” (v. 7).

La chiesa di Tessalonica ha appreso da Paolo l’esempio nella stessa accoglienza entusiastica del vangelo e si è incaricata dell’evangelizzazione in tutta la Grecia e altrove, ancora prima con la vita che con le parole: “La parola del Signore riecheggia per mezzo vostro non soltanto in Macedonia e nell’Acaia” (v. 8). Quanto avvenuto nella conversione dei Tessalonicesi è un po’ il paradigma del kérygma cristiano ai pagani: si tratta anzitutto di passare dal politeismo idolatrico al monoteismo ebraico (v. 8b e 9) e di aderire alla rivelazione cristologica che attende, però, un suo pieno compimento con la parusía, ossia con la venuta gloriosa di Cristo (v. 10). Questo argomento costruirà uno dei problemi fondamentali della lettera.

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