XXX DOMENICA "PER ANNUM" . 27 ottobre

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. 2Tm 4,6-8.16-18

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

Il brano di Paolo a Timoteo è - come sempre – ricco e denso di afflato L’Apostolo riveste il presentimento della morte imminente con due immagini, tratte una dal culto e l’altra dalla navigazione. La prima è la «libagione», cioè l’atto di versare olio, vino o acqua sulla vittima prima che venga immolata (cfr. Es 29,40; Nm 28,7) conferendo a essa un chiaro valore sacrificale. La seconda è l’atto di «sciogliere le vele»: la nave finalmente pronta per salpare, si abbandona al mare aperto. Le immagini successive, tratte dagli usi sportivi e militari, sottolineano la vita cristiana come lotta.

Paolo rilegge in particolare la propria esperienza apostolica come un combattimento «buono» (letteralmente: ‘bello’, kalós): nobile, vittorioso, condotto correttamente. «La corsa ho compiuto, la fede ho conservato», dice ancora alla lettera il testo, offrendo nel parallelismo un’assonanza in cui vibra una nota di poesia. Infine a lui che ha custodito con fedeltà il «deposito» affidatogli, il Signore darà la «corona di giustizia» che egli riserva a «tutti coloro che hanno amato [così alla lettera è da tradurre ēgapēkósi] con amore durevole la sua manifestazione» (v. 8).

Nei vv. 16-18, infine, Paolo si riferisce alla prima udienza del processo in cui, comparso come un «malfattore», è stato abbandonato da tutti. L’Apostolo rivive l’esperienza di Gesù e, come lui, perdona non tenendo conto del male ricevuto. Il Signore però non ha abbandonato il suo fedele ministro e tutto ha fatto concorrere all’annuncio del vangelo e al bene degli eletti.

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