XXXII DOMENICA "PER ANNUM" . 11 novembre

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA: Ebrei 9,24-28

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.

 

La descrizione di alcuni dettagli del culto ebraico nel c. 9 evidenzia la superiorità della nuova alleanza, di cui Cristo è un unico sacerdote (vv.11s.), mediatore (v.15) e vittima (v.28). Questa pericope in particolare sottintende il paragone con il rituale del grande “Giorno dell’espiazione”. Una volta all’anno, infatti, il sommo sacerdote entrava, lui solo, nel Santo dei santi per espiare i peccati del popolo mediante l’aspersione dell’arca dell’alleanza con il sangue di animali sacrificati. Cristo però “nella pienezza dei tempi” ha dato compimento ai riti antichi, che erano solo una figura del sacrificio perfetto: è entrato nel vero santuario, nella dimensione trascendente (“cielo”) di Dio, “una volta per tutte”, offrendo “se stesso” per prendere su di sé “i peccati di molti”, come il servo sofferente profetizzato da Isaia (53,12). Il dono del suo amore è così sovrabbondante che il peccato non solo è perdonato, ma ‘annullato’ (v.26): perciò l’uomo è fatto nuovo, reso libero, salvato!

Questa offerta sacrificale, tuttavia, non ci priva della presenza di Cristo: sempre vivo “per intercedere a nostro favore” (7,25), egli si manifesterà ancora una volta nella storia. E non sarà più per liberare l’umanità dal peccato – dal momento che il suo sacrificio ha valore perenne (v.28) – ma per condurla al suo esito definitivo, a un fine che sarà di salvezza e di gloria (2,10) per quanti lo attendono con vigile perseveranza.

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