XXXIV DOMENICA "P. A." CRISTO RE . 24 novembre

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Colossesi 1,12-20

Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

 

Il brano si apre con un rendimento di grazie, ultimo di una serie di atteggiamenti, che i Colossesi devono adottare per piacere a Dio (cfr. 1,10-12): il portare frutto, l’aumento della conoscenza, la fortezza nella sopportazione e nella pazienza, il dire grazie. L’Autore invita i Colossesi a ringraziare il Padre, che ha operato il passaggio dal regno della tenebra alla signoria del «Figlio del suo amore» (così alla lettera). A essi è stata assegnata la stessa sorte degli angeli e di tutti coloro che sono presso Dio, una volta ottenuti, «in Cristo», il riscatto e il perdono dei peccati. La svolta è determinata, dunque, dalla presenza del Figlio, che la lettera scruta in profondità. Comprendere lui significa comprendere tutti i tesori della sapienza e della scienza (cfr. 2,3). La confessione cristologica vuole garantire al cristiano la certezza della sua liberazione. Ogni potenza dipende dall’azione creatrice e redentrice di Cristo e trova in lui la sua origine. Nessuno ha la capacità di annullare l’opera del Figlio, perché nessuno è come lui. La chiesa non può dunque inchinarsi davanti ad altri capi o temerli, in quanto l’unico «capo» è il Cristo, suo Signore. La primazia di Cristo è da intendersi non solo come antecedenza – egli sta ‘prima’ di tutti – , ma soprattutto come preminenza ed eccellenza ‘qualitativa’ del suo essere. Senza di lui non ci sarebbe possibilità di vita, di unità e di armonia all’interno del creato e dell’universo. La serie di titoli applicati a Cristo («immagine» o icona; «primogenito»; «capo»; «pacificatore») in questo testo è notevole e punta sull’unicità dell’essere di colui per mezzo del quale e per il quale sono state fatte tutte le cose.

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